Una chiacchierata nata per caso con l’amico GTone su discord mi ha spinto a riflettere su quanto il mondo dell’aviazione e delle competizioni in pista, su tutte quelle di Formula 1, siano collegati. Una connubio che si può ritrovare su vari piani: storico, aneddotico e tecnologico.
I piani storico e aneddotico a dire il vero si mischiano un po’. A noi italiani, geneticamente Ferraristi, solo a intavolare il discorso appare subito la sacra icona del cavallino rampante in campo giallo. Stemma di famiglia dell’asso del Regio Esercito nella prima guerra mondiale Francesco Baracca, fu poi eletto a simbolo della nascente scuderia corse da Enzo Ferrari, previo ovviamente permesso della famiglia dell’eroe caduto. E il fatto che ci vada di mezzo un cavallo non è solo coincidenza, dato che i primi militari dediti alla guerra nei cieli provenivano tipicamente da scuole di cavalleria, quando nei primi decenni del 900, il modo di fare guerra iniziava a prendere una piega molto più tecnologica, oltre che ahimè globale e spietata.
Se invece nelle vostre vene scorre più Franziskaner che Lambrusco, vale la pena ricordare che la BMW nacque come fabbrica di motori d’aereo e che il logo circolare diviso in quattro spicchi stilizza l’effetto ottico di un’elica in rotazione ad alta velocità. Per lo meno fintanto che si riuscirà a vederlo, visto che nei modelli più recenti la calandra a doppio rene ha raggiunto dimensioni talmente spropositate che viene da chiedersi se il cofano vada aperto con una levetta sotto il cruscotto o con il telecomando del Faac.
L’Inghilterra, terra di riferimento sia per il racing che per l’aviazione, presta parecchio materiale a una riflessione come quella qui in esame. Tanto per cominciare, poggiare le nostre ruote slick, virtuali o reali che siano, sul sacro suolo di quella pista meravigliosa che è Silverstone, significa farle passare dove una volta sfrecciavano gli Spitfire e gli Avro Lancaster in decollo o in atterraggio. Parti del circuito coincidono ancora con le piste di decollo o con quelle di raccordo, come nel caso l’Hangar straight, il cui nome mantiene viva la memoria storica del luogo.
Da un punto di vista tecnologico il legame è ancora più evidente. Tanto per cominciare i primi studi ingegneristici di dinamica del veicolo arrivarono qualche anno dopo quelli aeronautici, finendo per ereditarne metodi e nomenclatura. Ma a prescindere dalla dimestichezza che si può o meno avere nel riconoscere l’origine di paroloni come “momento di imbardata”, alcuni elementi ben più evidenti e riconoscibili sono stati trapiantati dal mondo di chi usa le ruote solo all’inizio e alla fine del viaggio, in quello di chi le ruote le strapazza più possibile. Il più importante di tutti è senz’altro l’idea di prendere un profilo portante di un’ala e montarlo rovesciato su un’automobile per ottenere spinta verso il basso e di conseguenza maggiore aderenza sui pneumatici. L’impatto di questa soluzione è epocale: sebbene sia stata riveduta, corretta, evoluta e regolamentata a più riprese, non ha più abbandonato il mondo della Formula 1 e ha finito presto per contagiare anche le altre categorie del racing. Se è possibile ottenere accelerazioni da record in curva e in frenata moltissimo dipende proprio da questo.
Altro “trapianto tecnologico" di grandissimo impatto che non ha faticato ad attecchire è quello dell’utilizzo dei materiali compositi. Favorito dalla vicinanza di poli tecnologici specializzati nel bel mezzo della terra di Albione, gli ingegneri di Formula 1 inglesi sono stati pionieri anche nell’andare a bussare alla porta dei colleghi aeronautici per prendere in prestito pannelli sandwich a base di fibra di carbonio per iniziare a costruirci scocche, mandando così in pensione il solido ma pesante acciaio.
Insomma un collegamento virtuoso, di cui ho riportato solo i casi più eclatanti ma che ne annovera molti altri che non sto a elencare, sia per motivi di spazio, sia perché il fatto che il bocchettone del rifornimento usato ai box a cavallo del 2000 derivi da una tecnologia militare per rifornire i caccia in volo il buon Gianfranco Mazzoni ce lo ha ripetuto a sufficienza tutte le sacre domeniche.
Infine, vale la pena chiudere con un riferimento al mondo in cui tutti noi comuni mortali possiamo competere, sudare e passare sotto la bandiera a scacchi. Se adesso la parola “gioco” va decisamente stretta a piattaforme come iRacing e Assetto Corsa Competizione, visto l’accuratezza di simulazione raggiunta, dobbiamo riconoscere che Flight Simulator “gioco” non lo è più da un sacco di tempo. Ma noi non siamo invidiosi, accettiamo di copiare qualcosa ogni tanto e restiamo con i piedi... pardon, con le ruote ben piantate per terra.
Gilles sei un grande !! E? sempre un piacere leggere tutto quello che scrivi 🎸
guardate che se continuate cosi ci abituate troppo male!!!potremmo chiedere una rubrica settimanale sull'argomento!! complimenti bellissimo articolo !!!!